Scrivo queste due righe dal primo campo estivo della parrocchia a Fraconalto, campo seconda e terza media. Fuori i ragazzi parlano fitto, gridano, si chiamano e richiamano, si raccontano agli educatori, lanciano cori, tambureggiano con ciò che gli capita per mano, corrono più che possono; il Pierino la peste della compagnia continua a tirare un pacchetto di fazzoletti di carta sulla schiena a una ragazzina coetanea che vorrebbe sopportare con sana e imparata pazienza ma a un certo punto lui con disperata sincerità le grida “ma ti sto tirando delle cose, devi alzarti e inseguirmi, vieni a prendermi!”.
Allora lei capisce e iniziano a rincorrersi a perdifiato con quella foga tipica dei preadolescenti che paiono cadere a ogni passo e inciampo ma non cadono (quasi) mai ridendo e gridando.
Naturalmente ci sono poi i momenti di riflessione, quelli che noi chiamiamo “seri”, scrivendo d’imperio la nuova enciclica papale “Evangeli serium”, che a noi cristiani navigati piace tanto di più! Poveri noi!
Ma nonostante noi, il Signore parla al cuore di questi ragazzi e semina ben oltre le nostre aspettative. Dio va al di là dei nostri piccoli e poveri desideri.
E poi colazione, pranzo e cena all’aperto, alla sera gli urli nelle stanze, finalmente la pace notturna con educatori assonnati che si industriano per preparare le attività del domani e famiglie e cuochi che chiaccherano costruendo comunità.
Tutto rispettando le regole, il monouso, la temperatura, il tampone fatto alla partenza. Dentro non ci stiamo mai; del resto questi ragazzi hanno una voglia di stare all’aria aperta e di stare insieme che è gigantesca.
Intorno da lontano ci scrutano cinghiali, daini, cervi, volpi, e qualche lupacchiotto di Appennino.
L’acqua di sorgente, l’erba tagliata, il bosco, riprendere contatto con la natura.
Insomma, benedetti campi estivi! Questi ragazzi hanno molto subìto nel tempo di pandemia. Lo sappiamo e lo dicono tutti.
Se questi delle medie tutto sommato in Liguria sono sempre andati a scuola, non è così per le superiori. I danni alle relazioni e alla socialità sono evidenti. Si spera che l’assenza produca desiderio, che la fame accenda l’appetito, ma a volte la fame accende solo malattie e l’assenza il vuoto.
Sfiorati dal virus, i ragazzi ne sono stati colpiti nel cuore, nel significato; si sono spezzate e impoverite le relazioni. Non è vero che la tecnologia le favorisca.
Al contrario, se non usata correttamente impoverisce, isola, crea un mondo non vero. Reale e virtuale iniziano a confondersi finché la realtà finale è che uno è solo!
E di questa solitudine, di questa divisione tra gli uomini potrebbe esserci chi ne vuole approfittare per imporre i suoi affari e interessi.
Le nostre comunità sono state molto colpite in questo; al di là del gesto liturgico (che comunque contiene in sè germi e frutti di relazioni verticali e orizzontali) sono state colpite nel non potersi incontrare, mangiare insieme, stare insieme.
I campi estivi possono essere una ripartenza coraggiosa, per alcuni persino temeraria, ma concessa dalla legge e dal buon senso, molto desiderata dai nostri ragazzi che davvero non aspettano altro che di stare insieme e di avere momenti che li accompagnino fuori da questa fase, dando anche a loro strumenti per comprendere e elaborare l’accaduto e progettare un futuro in base a ciò che abbiamo imparato negli ultimi due anni. Coraggio! Non siamo morti, ma solo un po’ addormentati e storditi da questa pandemia che ci ha aperto ferite nel cuore.
Alziamoci e camminiamo, sentiamo i 12 anni che sono in noi, è il tempo di donare la vita con gioia!
Don Fully Doragrossa